Elezioni ENPAP: al via la politica degli spifferi? - AltraPsicologia per l'ENPAP

Elezioni ENPAP: al via la politica degli spifferi?

di Ada Moscarella

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di Ada Moscarella |

Finora una campagna elettorale che vive soprattutto negli spifferi e nei bisbigli dei corridoi di whatsapp e messanger.

LA LUCE FA MALE ALLA PELLE. Comprensibile: è complicato ribattere a quattro anni di lavoro e confronto costante con la comunità degli psicologi se ci si ritrova ad accrocchiarsi 10 giorni prima dell’indizione delle elezioni.
Così assistiamo a fulminee candidature, con nomi prima annunciati e poi ritirati dopo nemmeno 48 ore, a programmi che cambiano al mutare delle maree, ma soprattutto documentiamo una compulsiva attività epistolare.

CARO AMICO TI SCRIVO. Molti colleghi mi raccontano dei messaggi che stanno ricevendo da questi esimi sconosciuti, magari anche qualche nome altisonante, chiedendosi come facciano ad avere i loro indirizzi email o numeri di telefono privati.
E’ la solita storia delle campagne elettorali degli psicologi: capita che a qualcuno, sicuramente per caso, cada l’occhio su qualche indirizzario di troppo, forse mentre passa dall’Ordine, dove magari siede da consigliere. Ma a questo non do più di tanto peso: siamo nell’epoca dei social, baby, la privacy non esiste più.

TEATRO DELL’IMPROVVISAZIONE. A balzare alla mia attenzione, invece, è un fatto che spiega benissimo la dolorosa consuetudine alla scarsa partecipazione alle elezioni degli psicologi: Se ti svegli 10 giorni prima delle elezioni, senza un programma, senza una vera idea concreta, tutto quello che puoi fare è sperare di contare su contatti personali.
Magari qualcuno cui hai lasciato un qualche bel ricordo, meglio ancora qualcuno che in qualche modo è stato con te in posizione di dipendenza; allievo, supervisionato, collaboratore, studente… Magari un decennio fa, ma che importa? E’ sempre qualcuno con cui sperare di riattivare la fantasia che una volta che si sarà occupata la poltrona nell’istituzione, si avrà un occhio di riguardo proprio per lui o per lei.

Qualcuno con cui avere la famosa “amicizia degli psicologi”.

TI RICORDI QUELLA VOLTA 10 ANNI FA? CI SIAMO SEDUTI VICINI A MENSA. Così ecco che l’amicone delle elezioni ti ricorda quando ti ha fatto da tutor, da didatta, da coordinatore, da supervisore, chissà se – come in passato – ci sarà l’amicone audace che ti ricorderà pure di essere il tuo terapeuta.

Allora io poi capisco: con queste modalità, la voglia di votare, la voglia di fidarti, la voglia di sentirti parte di una comunità ti passa eccome. E se in questo tritacarne ti tirano anche colleghi e professionisti che stimi, altro che libertà è partecipazione, altro che solidarietà di categoria. Ti viene solo voglia di non volerne sapere più niente e fare tutta erba un fascio è la soluzione cognitivamente più economica.

DIVENTARE PSICOLOGO E’ POSSIBILE. Due anni e mezzo fa io e Luca Pezzullo abbiamo aperto Diventare Psicologo. Lontani da qualsiasi scadenza elettorale; con AltraPsicologia e una cara amica e collega trascinati in tribunale con una causa per diffamazione per 200mila euro portata avanti con i soldi dell’Ordine della Sicilia.
Smarriti da questi segnali inquietanti e violenti all’interno della dialettica tra colleghi, Io e Luca volevamo riappropriarci del nostro sogno di comunità, di una psicologia professionale vissuta nella città aperta, nella piazza della polìs, dove si parla a voce chiara, con la faccia sempre in piena luce.
Un impegno che non ci siamo presi solo virtualmente, abbiamo anche girato quasi tutta Italia, incontrando centinaia di colleghi. Un impegno in linea con i valori portati all’interno delle istituzioni, Ordini ed ENPAP: trasparenza non solo nella gestione, ma pure nelle relazioni.

Fra due mesi non ci piacerebbe vedere solo la conferma di AltraPsicologia al governo dell’ente: ci piacerebbe anche vedere un incremento del quorum, che ci racconti non solo buon lavoro che abbiamo fatto all’ENPAP, ma anche di una comunità che finalmente emargina un modo di intendere la politica professionale che ha diviso, deluso, disinteressato i colleghi, lasciandoli fragili e in balia degli eventi nel momento della crisi.

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